Stress da pandemia: come riconoscerlo e gestirlo?
L’avvento del COVID-19 ha segnato la vita fisica, sociale e lavorativa delle persone.
Anche lo stress da lavoro correlato con la pandemia è aumentato, richiamando l’attenzione dei datori di lavoro sull’organizzazione aziendale e sulla gestione delle risorse umane e del clima lavorativo.
Cos’è lo stress da pandemia?
Anche fisico e mente reagiscono a queste difficili condizioni, spesso manifestando irrequietezza e depressione. A tali reazioni l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dato un nome: Pandemic Fatigue, stress da pandemia, una sindrome che si manifesta tra stress emotivo, paura e stanchezza. Non solo, esiste anche il disturbo post traumatico da stress e COVID, una nebbia cognitiva che può svilupparsi in chi è guarito dal coronavirus, caratterizzata spesso da indolenzimento, stanchezza cronica e smarrimento.
Stress da COVID: quali sono i sintomi?
Quelli più comuni sono ansia, rabbia, agitazione, sbalzi di umore, tristezza, irrequietezza, rassegnazione, negazione. Questi possono portare disturbi come insonnia, tachicardia, crisi ipertensive, capogiri, perdita dell’appetito, caduta dei capelli o coliti.
Come alleviare lo stress da pandemia? I consigli dell’OMS
Mantenere uno stile di vita sano (alimentazione corretta, dormire quanto necessario, esercizio fisico) e i contatti con parenti e amici, parlare con un esperto se dovessero rivelarsi dei disturbi dell’umore che condizionano la vita di tutti i giorni, limitare preoccupazione e agitazione, informarsi da fonti scientifiche attendibili: sono questi in sintesi i suggerimenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per far fronte allo stress da pandemia.
Ma come gestire il lavoro?
Stress da lavoro correlato e COVID-19: concentriamoci sui fattori
L’incertezza lavorativa ed economica, l’isolamento, la paura del futuro e la sensazione di una costante attesa sono elementi che possono favorire lo stress da lavoro correlato, che crea spesso condizioni difficili e ostacoli nel fronteggiare le sfide quotidiane.
Concentriamoci allora sui fattori, che sono:
- la progettazione e l’organizzazione del lavoro,
- la gestione dell’ambiente lavorativo,
- il carico di impegni,
- la carenza o le difficoltà nelle comunicazioni,
- la lontananza dall’ufficio per chi lavora in smart working.
E chi lavora da casa?
I lavoratori in smart working sono i più esposti ai rischi psico-sociali dovuti allo stress da COVID-19, perché sono limitati in uno spazio (magari da condividere con altri), divisi tra vita privata e lavorativa, isolati dall’esterno per la maggior parte del tempo e tendenti allo sconfinamento del lavoro in orari da dedicare invece al riposo o alla famiglia.
Il rapporto con i colleghi
Proprio lo smart working, una modalità di lavoro a distanza che ha permesso a molte aziende di andare avanti e ai lavoratori di continuare le proprie mansioni, ha aumentato il rischio di isolarsi e allontanarsi dalla vita aziendale, dai propri colleghi e da una buona parte delle abitudini.
Cosa può fare il datore di lavoro?
Dirigenti e datori di lavoro possono fare molto in questo periodo per contrastare lo stress da pandemia: favorire l’accessibilità è al primo posto, con una buona organizzazione del lavoro e l’utilizzo controllato degli strumenti digitali, che permettono la gestione del personale a distanza e il rapporto tra colleghi.
Un’altra soluzione è il modello misto: un mix tra smart working e lavoro in ufficio, così da ridurre le possibilità di contagio da coronavirus e mantenere una parte della routine e di vita aziendale e sociale.